Come mi sono innamorata dell'Iran ovvero come organizzare…

Come mi sono innamorata dell’Iran? Ebbene, credo che all’origine di questo Amore vi sia una zia fantastica e molto fantasiosa, che, inconsapevolmente, ne gettò il germe nel mio cuore di bambina, quando, per l’ottavo compleanno, mi fece dono di un’edizione integrale delle Mille e una notte. Quel giorno, nella mia camera, accarezzai, a lungo, stretti al mio cuore, quei quattro volumi, che mi attraevano più di ogni altro libro sullo scaffale di legno lungo il muro alla mia sinistra: La maschera di ferro, I tre moschettieri, La collana della ******, Venti anni dopo, Il tulipano nero, I miserabili … Tutti i giorni, per due mesi, assetata di conoscenza, trascorsi interminabili ore ad abbeverarmi di quel magico Regno. Coup de foudre! Chi non conosce Shahrazad che da secoli non ha cessato di nutrire l’immaginario collettivo? E come dissociare la figura di Shahrazad da quella di Shahriar? Di origine indo-persiana, le Hezar Afsanè o Alf Layla wa Layla, assimilate dalla cultura araba e rivelate all’occidente, nel 1705, grazie alla traduzione di Antoine Galland, suscitando un gusto per l’orientalismo in tutta Europa, sono annoverate tra i testi più universalmente diffusi. Il Re Shahriar scopre l’infedeltà di sua moglie e fa uccidere la sposa. Ma di più… Ogni notte giace *** una vergine e l’indomani la fa uccidere, tanto è l’odio che nutre per le donne dopo aver scoperto il tradimento della propria moglie *** uno schiavo negro. Il Regno vive nel terrore, ognuno teme che la sorella, la figlia, la moglie si veda obbligata a dividere il talamo del Re e morire. Nessuno osa opporsi a questo Re assassino. Nessuno, tranne una giovane temeraria: Shahrazad. Questa giovane era conosciuta non per la bellezza né per la sua sensualità, come si induce a credere, ma per la sua intelligenza, il suo sapere letterario, filosofico e scientifico. Shahrazad, lungi dall’essere una cortigiana, è, innanzitutto, un’intellettuale. Shahrazad che auspica che questa carneficina cessi, ma soprattutto teme che la propria sorella minore subisca questa sorte, idea un piano che, spera salvi le donne del Regno. Si offre in sacrificio convincendo suo padre a lasciarle sposare il Re. Suo padre non ha altra scelta che lasciar fare. Shahrazad confida nella sua conoscenza di un enorme tesoro di narrativa popolare. Ottenuto, quindi, il permesso di allietare le veglie *** i suoi racconti, iniziandone sempre di nuovi e opportunamente interrompendoli, tiene desta la curiosità del Re che così rinvia la sua condanna finché nell’animo di lui all’odio subentra l’Amore. Due sono le qualità della giovane: il coraggio *** cui, mossa da pietà, affronta il pericolo di essere anche lei sacrificata e l’intelligenza che le ha consentito di apprendere un numero straordinario di storie e le permette di riferirle *** garbo e abilità. Shahrazad è la donna nella quale gli innamorati vedono aspetti diversi secondo il proprio modo di sentire l’Amore e concepire la Vita. È la donna, al cui contatto, i caratteri si precisano, le passioni si sviluppano fino a raggiungere l’esaltazione. È la donna intelligente che afferra il senso delle elucubrazioni del marito, è la donna sensibile che si compiace dell’Amore suscitato dalla sua personalità e lo incoraggia, ma, al tempo stesso, è una sensuale che non rinuncia all’Amore puramente fisico. Possiedo radici vaghe e culture multiple perché da quando sono nata mi hanno spostata o mi sono spostata da un luogo all’altro. Da piccola ne ho sofferto. Oggi ne sono felice, perché le radici forti alimentano una gabbia di soffocanti predestinazioni. L’educazione cattolica delle scuole private mi aveva reso una bambina cupa, profondamente infelice, che non mi somigliava. Tutte le cose che mi rendevano viva erano peccato, veniale o mortale: leggere libri messi all’indice, fare scorribande *** i miei amici fino a tarda sera. Mi liberai dalla religione cattolica. La scoperta di altre culture, altri racconti di storia, altre divinità trasformò il mio sguardo sul mondo da assoluto a relativo. Non eravamo la verità, noi europei, noi cristiani, noi cultura greco-romana. Eravamo una minoranza nel mondo. Se il potere era solo nostro, era un potere d’élite, privo di democrazia. Se il regno dei cieli era solo cattolico, era un regno disumano, giacché escludeva la maggioranza degli uomini, delle donne e dei bambini del pianeta. La scoperta della relatività della verità, della relatività della storia, della relatività dello stesso concetto di religione o cultura o nazione è stata per me la via maestra verso la libertà. Scoprivo che libertà era innamorarsi senza rimorso delle piccole verità che ogni cultura contiene e che qualsiasi relazione può contenere. Designata dal fato – il mio padrino mi aveva, profeticamente, dato il diminutivo di Firouzeh – nondimeno, ero cresciuta ignara del mio destino, fino al giorno in cui la mia vocazione mi fu rivelata. La piccola scintilla, accesa, si era nutrita, in segreto, di sogni e fantasticherie per divenire patto sacro e, trasformarsi, poi, in fiamma tanto viva da illuminare il mio percorso nei meandri di quel mondo incantato, e farmi approdare sulle sue coste, il 2 maggio 2003. Tuffata nelle dorate e cavalcanti dinastie dei Medi, Achemenidi, Parti, Sasanidi, Safavidi, Abbasidi, Qajar, su su fino ai Pahlavi, riemergevo senza fiato al richiamo dell’armonioso Hafez e deviavo subito verso le quartine del passionale Omar Khayyam. Un mondo sconosciuto calava il suo ponte mobile nel mio cuore, eroico come quello romano dentro la pagina agiografica degli storici, eppure carnale dentro il ritmo di una lingua enfatica che cantava *** Sa’di i sapori rubati a una terra eternamente assetata di acqua e di sacro. Il mio viaggio aveva uno scopo, ne ero come posseduta, ma l’ignoravo completamente. La mia solitudine non mi faceva paura. Una luce, come un raggio di sole veniva a illuminare la rotta davanti a me.

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